Servo di Dio P. Francesco Crusats
La sua vocazione clarettiana si deve fondamentalmente a tre fattori: la testimonianza che gli diede il P. Xifré durante il corso di esercizi spirituali che predicò prima della sua ordinazione a presbitero; il prestigio della nascente comunità clarettiana e, in particolare, la sua amicizia personale con il P. Brossosa che prima di lui era già entrato nella Congregazione.
Dopo la sua incorporazione alla comunità, per un certo periodo si dedicò alla predicazione missionaria nella regione Catalana, emulando lo stile e l’ardore che la nascente comunità clarettiana aveva ereditato dal suo santo Fondatore. Più tardi fu destinato a Segovia. A partire dalla città dell’acquedotto poté dedicarsi al ministero delle missioni popolari predicando in molti paesi nella regione di Castiglia. Fra gli abitanti di quelle cittadine lasciò una fama di santità.
In effetti, le sue qualità personali e le sue capacità di lavoro resero possibile tutto questo. Spiccava la sua figura missionaria alta e giovane, con un volto allegro, sereno e mite. Questo missionario entrò in sintonia soprattutto con i fanciulli e i giovani. Il suo modo di parlare era concreto, semplice e allegro. Constatò in diverse occasioni come la gente di molti villaggi, affamata della Parola di Dio, lo accoglieva con le braccia e con il cuore aperti. Crusats si mostrò sempre davanti a quella e persone come un missionario pieno di Dio e di amore per il popolo. Per questo, molto presto la chiamarono il santo Crusats.
Destinato alla comunità di Selva del Campo (Tarragona – Spagna), fu vittima della persecuzione religiosa scatenata a partire dalla Rivoluzione del 1868 che costò il trono e l’esilio alla regina Isabella II. Nei disordini che accompagnarono l’evento, venne assaltata da un gruppo di esaltati anche la casa clarettiana di Selva del Campo. I membri della comunità clarettiana decisero di scappare, tranne il P. Crusats che, andando incontro agli aggressori, ricevette, oltre a insulti e percosse, la ferita mortale che gli costò la vita.
Sulla sua lapide sepolcrale si può leggere l’epitaffio che lo descrive in modo meraviglioso: «insigne per il candore del suo spirito e lo zelo per la salvezza delle anime». È in corso la causa di beatificazione.