23 Martiri Clarettiani di Sigüenza, Fernán Caballero y Tarragona
(†1936-1937)BEATIFICAZIONE:
– 13 ottobre 2013 – Tarragona
– Papa Francesco
I Beati, che hanno dato la loro vita nella stazione di Fernán Caballero (Ciudad Real), sono un gruppo di quattordici seminaristi, studenti di teologia, ed un religioso coadiutore. Due mesi più tardi, davanti alle porte del cimitero locale fu ucciso Fr. Felipe González de Heredia. La sua fede ferma e coraggiosa gli fece gridare audacemente, mentre lo uccidevano: “Viva Cristo Re! Viva il Cuore di Maria!”.
Tutti questi giovani, formarono un coro armonioso che a vivavoce lodò Cristo Re e il cuore di Maria, perdonando coloro che spegnevano violentemente la loro giovane vita. Seguirono Cristo sino all’oblazione, per amore di Dio e degli uomini. Alcuni di loro vollero morire con le braccia in croce a somiglianza del Maestro. La loro morte è una gloriosa testimonianza della fede in Cristo.
P. José María Ruiz nacque a Jerez de los Caballeros, provincia di Badajoz (Spagna), il 3 settembre 1906. Fece la sua prima professione nella sua città natale il 15 agosto 1924. Emise la professione perpetua a Zafra il 23 ottobre 1927. A Zafra (Badajoz) studiò da sacerdote e fu ordinato nel 1932. Appena ordinato sacerdote, p. Ruiz fu assegnato dai suoi superiori a Sigüenza (Guadalajara) come Prefetto dei Postulanti. Si dedicò anima e corpo alla loro formazione sino alla fine, sino a quando versò il suo sangue per la crescita dei suoi formandi.
Dal luglio 1936 la guerra civile si diffuse inarrestabile in tutta la Spagna e Sigüenza non fece eccezione. Era il 25 luglio quando i miliziani visitarono Sigüenza per la terza volta, prendendo a molestare tutti i rappresentanti della destra politica e del clero laico e religioso. Imprigionarono Imprigionarono e interrogarono il Vescovo e alcuni Missionari clarettiani.
La notizia di queste aggressioni giunse fino al Palazzo dei bambini, dove era stabilito il Postulato Minore. P. José María Ruiz n’era il responsabile. Egli radunò i ragazzi e spiegò loro la situazione. Le circostanze richiedevano che fossero dispersi in luoghi più sicuri. Diede loro alcuni consiglio su come comportarsi ovunque fossero andati: mai tradire il Signore o la Madonna, nostra Madre; essere essere pronti a dare la vita, se necessario. Egli stesso offrì la sua vita per loro, davanti alla Madonna, con queste parole: “Se vuoi, Madre, una vittima, eccomi qui; scegli me; ma non permettere che accada nulla a queste piccoli innocenti che non hanno fatto del male a nessuno”..
I postulanti furono divisi in diversi gruppi. Il più giovane andò a Guijosa, un piccolo paese vicino a Sigüenza. Durante l’Eucaristia mattutina del 26 luglio, p. Ruiz rinnovò l’offerta sacrificale che aveva fatto a Sigüenza prima della dispersione: “Se vuoi una vittima, eccomi, Signore“.
Il 27 luglio un gruppo di miliziani proveniente da Sigüenza raggiunse ed occupò Guijosa Lo perquisirono, lo derisero e p. Ruiz cadde in ginocchio esclamando: “Virgen del Carmen, ti offro la mia vita per la salvezza della Spagna“. Il camion partì per Sigüenza. Passando dal lato del monte Otero si arrestò. Fecero scendere p. Ruiz giù e proprio lì, vicino alla strada, immolarono il pastore che, così, poté offrire la sua vita per le sue tenere pecore.
I postulanti rimasti a Guijosa furono ritrasferiti a Sigüenza per ordine della milizia. Passando vicino all’Otero videro il corpo di un uomo che sembrava addormentato. Ma mentre si affilavano gli occhi e si avvicinavano, tutti riconobbero il corpo di P. Ruiz. Il suo atteggiamento di fronte al martirio fu esempio di disponibilità a fare della propria vita un’oblazione al Signore accettandone la volontà. Per intercessione del Cuore di Maria, il Padre José María, si offrì a Dio come vittima, chiedendo che nessuno facesse del male ai seminaristi affidati alla sua cura formativa.
Jesús Aníbal Gómez Gómez , il beato clarettianoper la Colombia,
Martire in Spagna nel 1936
Jesús Aníbal, insieme ad altri compagni, venne ucciso alla stazione ferroviaria di Fernancaballero, un piccolo paese della provincia spagnola di Ciudad Real. È l’unico martire sudamericano tra i 270 martiri clarettiani morti durante la persecuzione religiosa spagnola del 1936. Jesús Aníbal visse un anno in Spagna, dove sperava di terminare gli studi di Teologia per essere ordinato sacerdote della Congregazione dei Missionari Figli del Cuore Immacolato della Beata Vergine Maria (Missionari Clarettiani).
Jesús Aníbal era l’ultimo di 14 figli. Nacque nel 1914 in una casa campestre di Tarso, un paese che oggi ha 7.000 abitanti ed è incastonato nella cordigliera occidentale colombiana. Nel parco principale della località, nel 1962 è stata eretta una statua in suo onore.
“Entrò nel seminario minore ad appena 11 anni. Era amato per la sua innocenza, la sua allegria, perché era il piccolo di casa”, ha segnalato il suo biografo, Carlos E. Mesa CMF, nel libro “Jesús Aníbal, testigo de sangre” (“Jesús Aníbal, testimone di sangue”, edizioni e libreria conulsa, Madrid).
Sensibilità e una forte vita interiore, così come l’affetto per la sua famiglia e la nostalgia per la terra natale, sono le qualità che quanti lo conoscevano sottolineavano maggiormente. Studiò a Bogotà fino al 1931, quando si trasferì a Zipaquirá, a 4 chilometri dalla capitale, dove i Clarettiani avevano una casa.
Nel 1935 ricevette una notizia che avrebbe cambiato la sua vita e che accolse con grande gioia: doveva recarsi in Spagna per la sua ordinazione sacerdotale. Arrivato lì iniziò a studiare assiduamente i libri del secolo d’oro spagnolo, di Santa Teresa di Gesù, Luis de León, Luis di Granada.
“Se volete sapere qualcosa di me, fate una visita a Gesù sacramentato e mi troverete lì”, scrisse in una lettera ai suoi genitori.
Tra studio e preghiere, Jesús Aníbal scriveva su un quaderno alcune determinazioni concrete per la sua lotta spirituale: “Considerare la mia meditazione come la base della vita interiore di unione con Gesù”. “Disponga secondo la sua santa volontà, considererò la Comunione il punto fondamentale della mia vita”, si legge nei suoi scritti.
Il giovane seminarista arrivò in un primo tempo a Segovia, dove rimase poco tempo visto che il clima non giovava alla sinusite cronica di cui soffriva. Si trasferì dunque nella Spagna del sud: “Penso sempre con grande consolazione che Nostro Signore ha progetti molto amorevoli e speciali per me”, scriveva.
Si recò così a Zafra, in Estremadura, quasi al confine con il Portogallo. Alla fine dell’aprile 1936 il clima di violenza iniziò ad acuirsi, motivo per il quale i seminaristi e i teologi claretiani vennero spostati a Ciudad Real.
La nuova Comunità, formata all’improvviso, era composta da 8 sacerdoti, 30 studenti e 9 Fratelli Missionari. Di tutti questi, 27 termineranno la loro vita col martirio.
I seminaristi “ripresero con grande serietà gli studi, senza dispensarsi da alcun obbligo della vita religiosa. Chiusi in quel palazzone incastonato nella città, non uscirono mai di casa nei circa tre mesi in cui rimasero lì, a causa dell’ambiente prerivoluzionario che si respirava”.
“Non abbiamo un orto, e per il bagno ci arrangiamo in qualche modo”, scriveva Jesús Aníbal ai suoi genitori. “Non siamo usciti neanche una volta da quando siamo arrivati; osserviamo una clausura strettamente papale, richiesta dalle circostanze”.
Il superiore riuscì a far sì che i religiosi ottenessero un salvacondotto per andare a Madrid, e così intrapresero il viaggio verso la capitale. “Impiegarono poco tempo a fare la loro povera valigia, che non conteneva neanche l’indispensabile (…). Si congedarono da quanti restavano lì. Buon viaggio!”.
I miliziani, però, non rispettarono il salvacondotto e arrivarono alla stazione di Fernancaballero. “Ordinarono ai frati di scendere, dicendo che erano arrivati a destinazione. Alcuni scesero volontariamente dicendo: sia fatta la volontà di Dio, moriremo per Cristo e per la Spagna. Altri opponevano resistenza, ma li costrinsero a scendere con il retro dei fucili”, ha raccontato uno dei testimoni dell’omicidio.
“I miliziani si misero accanto al treno e i frati davanti a loro. Alcuni dei religiosi stesero le braccia gridando ‘Viva Cristo Re e viva la Spagna!’, altri si coprivano il volto”, ha aggiunto.
Né il passaporto colombiano né la protezione che gli aveva offerto il consolato di questo Paese a Segovia salvarono la vita di Jesús Aníbal, che morì assassinato solo per il fatto di essere seminarista.
“Sei venuto da tanto lontano per diventare sacerdote?”, fu la domanda che un miliziano pose a Jesús Anibal Gómez Gómez prima di assassinarlo. “Sì, signore, e con grande onore”, rispose. “Se sei sacerdote, scendi con tutti”, ordinò il miliziano.
Jesús Aníbal Gómez Gómez diventerà il decimo beato colombiano. Attualmente sono giunti agli onori degli altari sette martiri dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio, anch’essi uccisi in Spagna. La Colombia conta anche sui beati padre Mariano de Jesús Euse Hoyos e madre Laura Montoya Upegui.
Tomás Cordero Cordero
È nacque l’8 giugno 1910 a Robledino de la Valduerna, provincia di León, diocesi di Astorga. Il paese si trova sulle rive del fiume Duerna, a tre chilometri dal Santuario della Vergine di Castrotierra. I suoi genitori, Vicente e Tomasa, erano contadini con una vita semplice: una famiglia dove si recitava sempre il rosario, come nella maggior parte delle famiglie.
Tomás fu battezzato lo stesso giorno della sua nascita. C’erano sei fratelli e sorelle: Tomás, María, Gaspar, Gumersindo e Lucía. E con l’affetto dei Fratelli: Ángel, Esteban e José (morto da bambino) era il maggiore. “Nella scuola è stato il primo; nella Chiesa è stato il più esemplare“.
Era generoso: condivideva con i suoi compagni tutto ciò che aveva. Il padre lascia scritto: “Dio seminò in lui tutte le delizie di un bambino e la purezza di un angelo; mi chiese di lasciarlo essere missionario, e in quei momenti, i più dolorosi per me per aver perso mia moglie, mi opposi ai suoi desideri poiché Tomás era l’unico sostegno della famiglia, ma mi diede tali ragioni che io stesso lo accompagnai al seminario che i missionari clarettiani avevano a Plasencia, il 10 ottobre 1924“.
Vi rimase per due anni, poi si recò da don Benito e da lì al Noviziato di Jerez de los Caballeros, dove fece la sua prima professione religiosa il 15 agosto 1929. Proprio lì a Jerez ha iniziato i suoi corsi di filosofia. In seguito si è trasferito a Zafra per continuare gli studi teologici.
In occasione dell’avvento della Repubblica, nel maggio del 1931, gli eccessi della folla, gli incendi delle chiese e le minacce di morte contro sacerdoti e religiosi, dovette trascorrere un paio di mesi nel suo villaggio con la sua famiglia.
Fedele alla sua vocazione, ha risposto alla chiamata dei suoi superiori. Mancavano pochi giorni alla festa di San Giacomo, patrono del paese. Potrebbe aspettare un po’. Rispose che il suo giorno di festa era quello del ritorno in seminario con i missionari. E quando hanno cercato di convincerlo: “Guarda, ti uccideranno“, la sua risposta è stata chiara: “Se devo morire. Morirò per Dio”. Ed è tornato a Plasencia.
La relazione del suo direttore è questa: “Il signor Tomás Cordero è un soggetto molto raccomandabile, pio, semplice, obbediente, applicato, realmente dato alla virtù“.
Riceve gli Ordini Minori al Teologato di Zafra nel dicembre 1932. Come testimonianza del suo amore per il Cuore di Maria, lasciate che la sua stessa testimonianza serva: “La schiavitù dell’amore“. Lo schiavo si inchina alla Regina, ma il figlio riposa sul seno della Madre per godere della tenerezza del suo Cuore lì”.
All’inizio di maggio del 1936, in fuga da Zafra, dove la folla aveva fatto irruzione e saccheggiato il seminario, arrivò con i suoi compagni a Ciudad Real. Lì ha terminato il suo quarto corso di teologia. È a un passo dal sacerdozio. La milizia lo precedette il 24 luglio 1936. Dopo quattro giorni di prigionia nel seminario stesso, e dopo aver subito ogni sorta di umiliazioni e maltrattamenti, insieme ai suoi tredici compagni, alla stazione ferroviaria di Fernán Caballero, verso le cinque del pomeriggio del 28 luglio 1936, ha raggiunto la gloria del martirio. Aveva 26 anni. Era il più anziano per età e professione dei quattordici compagni martiri.
Ecco i nomi dei Compagni del Venerabile Servo di Dio José María Ruiz Cano:
15 Martiri Clarettiani di Sigüenza e Ferrán Caballero
1. Jesús Aníbal Gómez Gómez, C.M.F., Tarso (Departamento de Antioquia, Colombia), 13/06/1914 – 28/07/1936.
2. Tomás Cordero Cordero, C.M.F., Robledino de la Valduerna (León), 08/06/1910 – 28/07/1936.
3. Abelardo García Palacios, C.M.F., Villandiego (Burgos), 03/10/1913 – 28/07/1936.
4. Ángel López Martínez, C.M.F., Mundilla de Valdelucio (Burgos), 02/10/1912 – 28/07/1936.
5. Ángel Pérez Murillo, C.M.F., Montánchez (Cáceres), 06/06/1915 – 28/07/1936.
6. Antonio Lasa Vidaurreta, C.M.F., Loizu (Navarra), 28/06/1913 – 28/07/1936.
7. Antonio Orrego Fuentes, C.M.F., Oliva de la Frontera (Badajoz), 15/01/1915 – 28/07/1936.
8. Cándido Catalán Lasala, C.M.F., Corella (Navarra), 16/02/1916 – 28/07/1936.
9. Claudio López Martínez, C.M.F., Mundilla de Valdelucio (Burgos), 18/12/1910 – 28/07/1936.
10. Gabriel Barriopedro Tejedor, C.M.F., Barahona (Soria), 18/03/1915 – 28/07/1936.
11. Melecio Pardo Llorente, C.M.F., Bustillo de Chaves (Valladolid), 03/08/1913 – 28/07/1936.
12. Otilio del Amo Palomino, C.M.F., Bustillo de Chaves (Valladolid), 02/04/1913 – 28/07/1936.
13. Primitivo Berrocoso Maíllo, C.M.F., Jerte (Cáceres), 19/02/1913 – 28/07/1936.
14. Vicente Robles Gómez, C.M.F., Villanueva del Conde (Salamanca), 25/04/1914 – 28/07/1936.
15. Felipe González de Heredia Barahona, C.M.F., San Asensio (La Rioja), 24/05/1889 – 02/10/1936.
7 Martiti di Tarragona
16. Fra Antoni Capdevilla Balsells, C.M.F., Espluga Calba (Lleida), 27/02/1894 – 24/07.1936.
17. P. Jaume Mir Vime, C.M.F., Ciutadilla (Lleida), 22/12/1889 – 29/07/1936.
18. Fra Sebastià Balsells Tonijuan, C.M.F., Fuliola (Lleida), 03/12/1885 – 15/08/1936.
19. Fra Andreu Felíu Bartomeu, C.M.F., La Selva del Camp (Tarragona), 15/09/1870 – 26/10/1936.
20. Fra Pau Castellà C.M.F., Selva del Camp (Tarragona) 03/5/1862 – 26/10/1936.
21. Fra Antoni Vilamassana, C.M.F., Massoteres (Lleida), 29/01/1860 – 11/11/1936.
22. P. Frederic Vila Bartolí, C.M.F., El Brull, (Barcelona), 03/03/1884 – 11/11/1936.
“Lodiamo il Signore per questi suoi coraggiosi testimoni, e per loro intercessione supplichiamolo di liberare il mondo da ogni violenza” (Papa Francesco)
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