Nella teologia cristiana, la santità rappresenta un concetto centrale che si intreccia profondamente con il mistero della Risurrezione di Gesù Cristo. Questo legame fondamentale tra santità e Risurrezione si estende oltre il contesto religioso, toccando le corde più profonde dell’esperienza umana e della ricerca di significato.
La santità, nella sua essenza, denota uno stato di purezza, completezza e vicinanza a Dio. È un ideale che attraversa molte tradizioni spirituali, spingendo gli individui a perseguire la virtù, la compassione e la devozione. Tuttavia, è nella cristianità che la santità assume un significato particolarmente intenso, essendo spesso associata alla figura di Gesù Cristo, considerato il modello supremo di santità.
Il mistero della Risurrezione, d’altra parte, rappresenta il fulcro della fede cristiana. La credenza nella Risurrezione di Gesù Cristo dalla morte è fondamentale per la comprensione della redenzione e della vita eterna. Questo evento straordinario non solo conferisce senso e speranza alla vita cristiana, ma solleva anche interrogativi profondi sulla natura stessa dell’esistenza umana e sulla possibilità di trascendenza.
Nel contesto della santità, la Risurrezione assume un significato ancora più profondo. Essa rivela la vittoria definitiva di Dio sulla morte e sul male, offrendo un paradigma di trasformazione radicale e di rinascita spirituale. La santità diventa così un invito a partecipare a questa stessa vita nuova, a abbracciare la potenza trasformatrice dell’amore divino e a vivere in comunione con Dio e con gli altri.
Tuttavia, la ricerca della santità non è un percorso facile o lineare. Richiede impegno, sacrificio e una costante conversione interiore. È un viaggio fatto di alti e bassi, di lotta e di grazia, in cui ogni individuo è chiamato a confrontarsi con le proprie debolezze e a crescere nella virtù e nella fede.
In questo contesto, la Risurrezione di Cristo diventa una fonte di speranza e di forza. Essa ci ricorda che anche nelle prove più oscure e nelle situazioni apparentemente senza via d’uscita, c’è sempre la possibilità di una nuova vita, di una rinascita inaspettata. La santità diventa così una testimonianza viva di questa realtà, una testimonianza di vita che sfida le limitazioni umane e apre le porte alla grazia divina.
In definitiva, il legame tra santità e Risurrezione ci invita a riflettere sul significato più profondo della nostra esistenza e sulla possibilità di una trasformazione radicale attraverso l’amore e la grazia di Dio. È un richiamo a vivere con speranza e fiducia, consapevoli che anche nelle tenebre più fitte, la luce della Risurrezione continua a brillare, offrendo un cammino di santità e di vita eterna.
Lasciamo che la nostra esistenza sia conquistata e trasformata dalla Risurrezione! Buona Pasqua a tutti!
L’arrivo della Quaresima, nel contesto del nostro camino verso la Santità, offre un’opportunità unica per riflettere sul significato e sull’importanza di questo periodo di preparazione spirituale nella vita cristiana e missionaria. La Quaresima è un momento di penitenza, di conversione e di crescita spirituale, durante il quale i fedeli sono chiamati a fare un cammino interiore di purificazione e di avvicinamento a Dio.
Come possiamo vivere la Quaresima in modo più profondo e autentico alla luce della nostra ricerca della santità nello spirito di San Antonio Maria Claret, nostro Fondatore?
La Quaresima è un periodo di quaranta giorni di preparazione spirituale in vista della Pasqua, durante i quali i cristiani si dedicano alla preghiera, al digiuno e all’elemosina. Questo tempo riflette i quaranta giorni che Gesù passò nel deserto, tentato da Satana, prima di iniziare il suo ministero pubblico. È un periodo di purificazione e di rinnovamento della nostra relazione con Dio e con il prossimo.
Nel contesto della nostra ricerca della santità, la Quaresima assume un significato particolare. È un momento per fare un bilancio della nostra vita spirituale, per identificare le aree in cui dobbiamo crescere e per impegnarci a compiere quei passi necessari per avvicinarci a Dio e al suo progetto di amore per noi. Durante la Quaresima, ci impegniamo in pratiche spirituali come la preghiera più intensa, il digiuno e l’elemosina, che ci aiutano a rompere le catene del peccato e a crescere nella santità. Ci concentriamo anche sull’ascolto della Parola di Dio e sulla riflessione sulla sua volontà per le nostre vite.
San A. Maria Claret scrisse che “la santità dell’anima consiste semplicemente nel tendere a due cose, cioè lo sforzo di conoscere la volontà di Dio e lo sforzo di compierla una volta conosciuta”.
La santità d’animo, a quanto pare, è un ideale sfuggente, riservato a pochi eletti. Tuttavia, se guardiamo più da vicino, scopriamo che è piuttosto il risultato dei nostri sforzi quotidiani – due azioni semplici ma essenziali: sforzarsi di conoscere la volontà di Dio e sforzarsi di compierla.
Quindi il primo passo sulla strada della santità è il desiderio di conoscere la volontà di Dio. Non si tratta solo di una comprensione intellettuale, ma di una relazione profonda con Dio che porta a leggere i suoi piani per la nostra vita. La preghiera, lo studio della Sacra Scrittura, la riflessione sull’insegnamento della Chiesa: tutto questo ci aiuta ad avvicinarci a ciò che Dio ha preparato per noi.
Conoscere la volontà di Dio richiede pazienza e apertura alla sua rivelazione nella nostra vita. A volte questo può significare cercare una guida nelle situazioni della vita, altre volte può significare ascoltare in silenzio, in attesa di chiare ispirazioni. Ma è sempre un processo che ci porta verso una relazione sempre più profonda con Dio.
Tuttavia, conoscere la volontà di Dio è solo metà del cammino. L’altra metà è lo sforzo per realizzarla. Questo è spesso un compito più difficile perché richiede coerenza, disciplina e coraggio. Fare la volontà di Dio significa prendere decisioni difficili, essere guidati da principi morali e vivere secondo il Vangelo.
Fare la volontà di Dio significa anche fare scelte quotidiane – scelte d’amore, scelte di servizio, scelte che portano alla crescita spirituale. Sono atti di umiltà e devozione che formano la nostra anima e ci portano verso la santità.
La santità dell’anima non è riservata alle élite. È un percorso che ognuno di noi può seguire se si sforza di conoscere e compiere la volontà di Dio.
Il Papa Paolo VI, in occasione del Capitolo Generale del 1973 sulla definizione di missionario, disse: “Vedete qui, pensato per voi, tutto un programma su come raggiungere la santità, basato sulla coraggiosa decisione di rinnegare se stessi, frutto di una vita feconda attinta dal Vangelo. Vi indica in modo chiaro – attraverso espressioni che alludono chiaramente all’attività di San Paolo – il bene verso cui deve tendere la vostra vita personale e comunitaria, e cioè seguire e imitare Cristo attraverso forme individuali di carità sempre attiva” (Documentos Capitulares CMF [Barcellona 1973], pp. 12-13.
Vivere la Quaresima con santità significa allora abbracciare pienamente questo tempo di grazia e di conversione. Significa essere aperti allo Spirito Santo che ci guida nel nostro cammino interiore e ci aiuta a crescere nella fede, nella speranza e nella carità. Significa anche essere solidali con i più bisognosi, riconoscendo che la nostra penitenza e il nostro digiuno devono essere accompagnati dall’impegno per la giustizia sociale e per il benessere degli altri. La Quaresima è un tempo prezioso nella vita spirituale dei cristiani, un tempo che ci aiuta a prepararci per la celebrazione della Pasqua e a crescere nella santità. Nel contesto della nostra ricerca della santità, è un momento per riflettere sul nostro rapporto con Dio e per impegnarci a vivere con maggior fedeltà il Vangelo di Gesù Cristo.
Che la Quaresima di quest’anno sia per noi un tempo di vera conversione e di rinnovamento spirituale, e che ci avvicini sempre di più alla santità a cui siamo chiamati come figli di Dio.
Il ricordo della Pasqua del nostro Venerabile P. Mariano Avellana, il prossimo 14 maggio, acquista una rilevanza speciale quando nel 2023 ricorre il 150° anniversario del suo arrivo in Cile.
Mentre commemoriamo il 119° anniversario della morte di colui che è stato considerato il più grande missionario che il Paese abbia conosciuto nel suo tempo, questa ricorrenza pasquale assume un significato inseparabile dal Sesquicentenario del suo arrivo, al di là della sua abituale memoria il 14 di ogni mese.
Quasi 31 anni separano le due date nella vita del Venerabile, da quando mise piede in terra cilena fino a quando morì come gli eroi: nell’ultima delle sue oltre 700 missioni e predicazioni in tutto il Paese; nella sua offerta di evangelizzazione instancabile e di servizio preferenziale ai malati, ai carcerati e ai più abbandonati.
Celebrare e interrogarsi come una famiglia
Mentre la comunità clarettiana di San José del Sur prepara diversi atti commemorativi per il Sesquicentenario dell’arrivo del Venerabile in terra americana, questo nuovo anniversario della sua Pasqua ci permette di valorizzare in tutta la sua dimensione la testimonianza di vita che Mariano Avellana pone per tutta la famiglia clarettiana. Anche lontano dai confini dell’America, dove l’ha vissuta senza misura, il suo esempio di “missionario fino in fondo” convalida in pienezza davanti alla Chiesa il carisma del suo fondatore e padre congregazionale, Antonio María Claret, interpella soprattutto i suoi missionari in tutto il mondo e illumina per loro un cammino che Mariano ha aperto 150 anni fa e che non ha perso la sua validità per l’evangelizzazione del XXI secolo.
Perché superare la naturale tendenza all’agio e alla disinvoltura per andare in fretta alla ricerca dei malati, degli sconfitti dal vizio e dei maltrattati sotto il peso dell’egoismo, dell’ingiustizia e dell’abbandono, è impegnativo oggi come quando i primi clarettiani misero piede sul suolo americano, e tra loro Mariano sentì che non poteva riposare davanti alle piaghe della povertà alle porte stesse della comunità primitiva. In tal modo comprese la necessità di santificarsi come missionario superando anche l’esaurimento delle forze e i dolori che lo martirizzavano in vita.
Le sfide di oggi hanno certamente cambiato i volti e le fatiche, e nel mondo globalizzato i drammi che spingevano Mariano a correre instancabilmente verso le “frontiere”, come oggi Papa Francesco chiede a religiosi e laici come un’esigenza urgente e primordiale, sono ancora presenti in forme diverse. Celebrando la sua memoria in questo 14 maggio e proiettandola sui 150 anni da quando Dio stesso è venuto con lui a benedire questa terra, è giusto e necessario gioire nel Signore e ringraziarlo per aver suscitato in essa un tale apostolo. Ma è soprattutto assumere nel proprio stile di vita la testimonianza missionaria che il venerabile Mariano ha lasciato in eredità alla famiglia clarettiana.
Nelle comunità, così come nelle scuole, nei santuari e nelle opere pastorali di San José del Sur, si terranno commemorazioni del Venerabile, oggi, in date vicine o nel corso dell’anno. Tra quelle già in corso, vale la pena di menzionare un programma di sei brevi capitoli su Youtube che, a partire da oggi, saranno proposti il 14 di ogni mese dal parroco del Cuore di Maria di Antofagasta, Pepe Abarza. Il primo si trova all’indirizzo:
Mariano Avellana è un prezioso patrimonio spirituale della Congregazione e dell’intera famiglia clarettiana. Pertanto, la sua figura sarà sicuramente un degno motivo per riflettere durante tutto l’anno e in diversi luoghi sulla forma “eroica” che la Chiesa ha riconosciuto alla sua testimonianza di autenticità religiosa e missionaria secondo il carisma clarettiano.
Alfredo Barahona Zuleta, Vicepostulatore, Causa del Venerabile P. Mariano Avellana, cmf
Pasqua è la festa della nuova creazione. Gesù è risorto e non muore più. Ha sfondato la porta verso una nuova vita che non conosce più né malattia né morte. Ha assunto l’uomo in Dio stesso.
L’annuncio della Pasqua si espanda nel mondo con il gioioso canto dell’Alleluia. Cantiamolo con le labbra, cantiamolo soprattutto con il cuore e con la vita, con uno stile di vita “azzimo”, cioè semplice, umile, e fecondo di azioni buone.
Benedetto XVI
Buona Pasqua nella gioia e nella pace di Cristo Risorto.
Postulazione Generale delle Cause dei Santi dei Missionari Clarettiani
PRESENTAZIONE DELLA NUOVA ICONA DEI 184 BEATI MARTIRI CLARETTIANI
Si tratta di martiri uccisi per la loro fede in Cristo durante la persecuzione religiosa che ebbe luogo durante la guerra civile spagnola che, dal 1936 al 1939, insanguinò l’antica e nobile nazione iberica. Tutti appartenevano alla Congregazione dei Figli del Cuore Immacolato di Maria (Missionari Clarettiani) e, sebbene in luoghi e date diverse, senza mai cedere alle insinuazioni dei persecutori, subirono in quegli anni la stessa tragica morte. Erano sacerdoti missionari, fratelli e studenti. Il più giovane aveva solo 16 anni. A questi si aggiunge il martire missionario Andrés Solá, assassinato in Messico (1927).
ICONA DEI 184 BEATI MARTIRI CLARETTIANI
Tecnica: tradizionale iconica – tempera all’uovo su legno esotico Samba
Misure: 100/77 cm
Icona dipinta a mano da Sig.ra: Teodora Bozhikova, laurea specialistica di opere d’arte, conservatrice, doratrice, copista, scrittrice di icone e insegnante.
L’icona rappresenta 184 Martiri Clarettiani nella gloria, nel Regno di Dio.
Nella parte superiore c’è un’iscrizione in latino:
La parte centrale della composizione mostra il Cristo Pantocrator che benedice i martiri e li accoglie nella sua gloria. La croce verde dietro Cristo è la Croce della Gloria – Crux Gemmata. È il segno della trionfale e salvifica passione e morte di Cristo, che si è fatto Sommo Regnante. Le croci di questo tipo raffigurano la maestosità della potenza di Dio e, inoltre, la visione della Gerusalemme celeste. Il colore della croce è verde, in riferimento all’Albero della Vita. Le pietre preziose, nella loro forma, si riferiscono al dipinto principale della parete dell’altare nella cappella della Casa Generalizia dei Clarettiani in Italia. Tutta la luce proviene dal centro della composizione, ecco perché la colorazione è più accentuata in questa parte dell’icona.
Lo sfondo giallo/oro che circonda l’intera composizione rappresenta la Luce Celeste proveniente da Dio, mentre i due alberi di pino (nella parte superiore a sinistra e a destra, come simbolo di potere e immortalità, indicano la Gerusalemme Celeste.
IL CUORE IMMACOLATO DELLA VERGINE MARIA
Nella parte centrale, sotto la figura del Pantocratore, c’è una figura di Maria – Cuore Immacolato della Beata Vergine Maria, che è la Patrona della Congregazione dei Missionari Clarettiani. È raffigurata insieme ai Martiri come Avvocata, Protettrice e Madre che conduce al Figlio. Come Regina del cielo, si trova su una base ornamentale.
TAVOLA DI SACRIFICIO
Nella parte centrale in basso dell’icona c’è un tavolo per le oblazioni. Su di esso si trova un’eterna lampada e rami d’ulivo, che sono il simbolo della gloria e del martirio. Il colore rosso della tovaglia sottolinea il martirio, ma anche la festa reale a cui i martiri sono invitati.
BEATI MARTIRI CLARETINI
I martiri sono rappresentati in quattro gruppi. Sono tutti presentati come trasfigurati, illuminati dalla luce celeste, quindi i colori delle tuniche al lato di Maria sono talmente illuminati che si trasformano in marrone. Il più spesso i martiri vengono mostrati nel gesto dell’orante, con rosari o croci nelle loro mani. Due figuranti tengono in mano i Vangeli. La figura di padre Juan Diaz Nosti ha in mano un cesto pieno di pani e il beato Andrés Solá porta un calice.
I. A sinistra (secondo la prospettiva dell’osservatore), al livello superiore, si trovano 51 Martiri Missionari Clarettiani di Barbastro (Spagna) con i loro formatori. Seminaristi assassinati durante la guerra civile spagnola, beatificati nel 1992. Nello stesso gruppo è dipinta la figura del Beato Andrés Solá, beatificato nel 2005.
II. A destra di Maria (di fronte allo spettatore), al livello superiore, si trovano 23 Martiri di Sigüenza, Fernán Caballero e Tarragona, beatificati nel 2013. Tutti portano rami di palma come simbolo di vittoria, trionfo, pace e vita eterna.
III e IV. Nella parte inferiore della composizione, sono presentati in due gruppi 109 martiri beatificati nel 2017.
A sinistra dell’icona (secondo la prospettiva dell’osservatore) 60 Martiri dalle Comunità di Solsona/Cervera (P. Jaume Girón e 59 Compagni). A destra dell’icona gli altri 49 martiri dalle Comunità di Barcellona, Sabadell, Lleida, Vic, Santander e Valencia.
FONDO
I colori dell’icona ricordano in qualche modo quelli della pittura murale del presbiterio della cappella della Casa Generalizia in Italia, dove sarà collocata l’icona. I colori dell’icona sono invece più luminosi e gioiosi, mostrando la gioia della Gerusalemme celeste a cui tutti sono invitati.
Negli ultimi tempi, per ricapitolare tutte le cose, la Parola di Dio, il Figlio di Dio Gesù Cristo nostro Signore si è fatto uomo tra gli uomini, e gli uomini hanno potuto vederlo e toccarlo. Egli ha fatto morire la morte, ha fatto vivere la vita e ha realizzato la comunione tra Dio e gli uomini.
Dalla Demonstratio apostolicae praedicationis, 6, di S. Ireneo di Lione, Dottore della Chiesa.
Buon Natale e sereno Anno Nuovo
nella gioia e nella pace del Signore