Ricordando la Rmo. MARTÍN ALSINA, CMF, nel centenario della sua morte (2 marzo 1922).

Mag 23, 2022 | Note storiche, Superiori Generali

Nel ricordare il Rev. P. Martín Alsina nel 100° anniversario della sua morte, non si tratta di ricordare le pietre miliari della sua storia personale e del suo instancabile lavoro come Generale della Congregazione, che sono già ben note. Ma potrebbe essere il momento di ricordare l’ultimo anno di vita di uno di quegli uomini che muoiono con la mano sull’aratro. E parliamo di un anno perché un mese prima della sua morte era appena arrivato da un viaggio incredibile, lungo, difficile e persino pericoloso; un viaggio di più di un anno in America, iniziato a Bahia (Brasile) il 1° dicembre 1920 e terminato il 24 gennaio 1922 nell’estuario di Vigo (Spagna). Felix Alejandro Cepeda, il suo segretario, al quale dobbiamo una cronaca dettagliata che potrebbe passare per un vero e proprio testamento. Lo scopo principale di quel viaggio fu quello di presiedere i vari Capitoli, preparare la riorganizzazione giuridica degli Organismi stessi, che stavano crescendo costantemente, e creare i primi postulati nell’area.

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L’itinerario era più o meno il seguente: partenza da Vigo, Spagna (12 novembre 1920), Brasile (dicembre 1920-gennaio 1921), Argentina via Montevideo (febbraio-marzo 1921), Cile (aprile-maggio 1921), Bolivia (giugno 1921), Perù (luglio 1921), Colombia (via Guayaquil e Colón, Panama, agosto 1921), Stati Uniti (via Colón, Panama, settembre-novembre 1921), Messico (dicembre 1921) e Cuba (gennaio 1922). Arrivo a Vigo il 27 gennaio 1922.

Chiunque legga la cronaca di quest’ultimo viaggio, scritta da P. Cepeda negli Annales 1921-1922, conoscerà il coraggio di un uomo che ha dato la vita per i suoi confratelli, come dicono le Costituzioni, fino alla fine. Attraverso di esso siamo testimoni di lunghi ed estenuanti viaggi per terra, per fiume e per mare, di cui ci sono giunti dettagli sorprendenti che rendono conto della sua abnegazione. Vediamo P. S. Martín Alsina affronta undici viaggi in treno di 11 ore da Rio de Janeiro a San Paolo; sulla strada da Pouso Alegre a San Paolo, dorme in un piccolo villaggio a causa di una frana; subisce a Santos uno sciopero dei portuali che impedisce la partenza dei piroscafi per viaggiare verso sud via mare; pernottare durante il viaggio da Curitiba a Porto Alegre a causa del deragliamento del treno che dovevano prendere, in cui sono morti 6 viaggiatori; viaggiare in treno per 17 lunghe ore da Tucumán a Catamarca perché non hanno potuto viaggiare in auto – ci sarebbero volute 6 ore – a causa della forte pioggia; attraversare le Ande con un treno internazionale da Mendoza; viaggiare per 23 ore fino a Santiago a causa di una tempesta di neve, con 5 metri di neve sui binari; salire in Bolivia a 3700 metri su un treno che non poteva essere utilizzato dai cardiopatici; attraversare il lago Titicaca in piroscafo a 3812 metri; salire di nuovo in treno da Puno ad Arequipa a 4500 metri; sopportare un mare in tempesta a 5000 metri di altezza; e poi risalire in treno da Puno ad Arequipa a 4500 metri; sopportando un mare agitato da Mollendo a Callao, al punto di doversi imbarcare per mezzo di una sedia – legata con robuste corde alle gru da carico – che alla fine ha fatto cadere i passeggeri sul fondo della barca che li avrebbe portati al piroscafo, nel bel mezzo di una tempesta con grandi onde che hanno completamente sommerso Fr. Generale; rinunciare al desiderio di raggiungere Trujillo a causa di un’epidemia di febbre gialla; attraversare il Canale di Panama per viaggiare per 6 interminabili giorni lungo il basso Magdalena a bordo di un piroscafo postale diretto a Girardot, dove si salvarono dalla caduta da un dirupo di 10 metri a causa di un guasto ai freni dell’auto. Tutto questo per affrontare finalmente quella che sarebbe stata la parte più favorevole del viaggio: i 6 giorni da Cartagena a New Orleans su un piroscafo americano, trascorrendo 10 ore alle foci del Mississippi, un fiume bellissimo ma pieno di coccodrilli. E da San Antonio al Messico, sopportando il caldo di 42 gradi nella regione di Yuma. In Messico ha assistito in prima persona alla persecuzione che durava da 10 anni. Infatti, a Toluca ebbe modo di organizzare il trasferimento in uno dei templi clarettiani delle spoglie di Fra Mariano González, ingiustamente fucilato dai rivoluzionari.

Come se tutto ciò non bastasse, al coraggioso generale e al suo segretario non restava che tornare in Spagna. Per prima cosa, dovettero tornare a New Orleans per recarsi all’Avana, in modo da evitare la quarantena richiesta a chiunque salpasse dal Messico. E fu durante il viaggio di ritorno da Cuba alla Spagna che sperimentarono il pericolo più grande dell’intero viaggio. Lo stesso Alsina in una breve circolare scritta il 1 febbraio da Madrid:

“Tutti sono a conoscenza della furiosa tempesta scatenatasi sulle coste di Spagna, Portogallo, Francia e Inghilterra, degli enormi danni e delle numerose vittime che ha causato. Ebbene, cari fratelli, questa tempesta ha raggiunto anche noi, ma prima di arrivare alle Isole Azzorre, e per tre giorni ci ha tenuti sotto la costante minaccia di farci precipitare nell’abisso, con le grandi onde che continuavano a cadere sulla nave in cui stavamo navigando. Il pericolo è passato, ma questo accresce in noi il dovere di gratitudine verso la nostra grande benefattrice e madre, e deve anche aumentare sempre di più la nostra fiducia filiale in lei”.

Con toni più cupi, p. Cepeda ha raccontato:

“Finalmente, il 12 gennaio, alle 10:00 del mattino, prendemmo posto nelle nostre cabine sul piroscafo “Maasdam” e salutammo le coste dell’America. I primi giorni del viaggio il mare era calmo e ci era stato assicurato che in 10 giorni il piroscafo avrebbe percorso le 3.980 miglia da L’Avana a Vigo, ma sabato 19 si scatenò un violento uragano che scosse l’oceano in modo impressionante. Le onde si alzarono furiosamente come montagne e si abbatterono sul ponte del piroscafo con un rumore terrificante. La forza del vento impediva al motore di funzionare e così iniziò a retrocedere “sfidando la tempesta”, secondo l’espressione dei marinai. Temevamo che questa fosse la fine della nostra vita e che l’oceano ci avrebbe fatto da tomba. Abbiamo celebrato la messa, legando strettamente l’altare, per rafforzarci per il viaggio. Fortunatamente, dopo tre giorni la tempesta si è placata.”

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Martín Alsina e Félix Alejandro Cepeda

Finalmente sbarcarono a Vigo, in Spagna, il 27 gennaio 1922, un anno e due mesi dopo essere salpati. Da lì si recarono a Madrid, da dove il P. Generale partì immediatamente il 3 febbraio per La Selva del Camp e Santo Domingo, per presiedere due Capitoli Provinciali. Infine, troviamo P. Marín Alsina a Zafra il 28 febbraio, affaticato e con una febbre influenzale che gli ha causato un forte attacco di dispnea. Il 2 marzo voleva ancora alzarsi per celebrare l’Eucaristia, ma gli fu impedito. Quando il medico lo visitò quella mattina, fu sorpreso di scoprire che il suo cuore aveva smesso di battere. Erano le 9 del mattino. Aveva 63 anni, 16 dei quali trascorsi al servizio della Congregazione come Superiore Generale. Un mese prima della sua morte aveva provvidenzialmente convocato il Capitolo Generale, con due anni di anticipo rispetto al previsto. Un Capitolo che non ha potuto presiedere ma che ha potuto contare sul suo inestimabile esempio di amore e di eroica dedizione alla sua amata Congregazione.

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