Come il Fondatore, che, non riuscendo a predicare in Spagna, attraversò il Mediterraneo per recarsi a Roma e offrirsi alla missione universale, la Congregazione espulsa dalla Spagna dalla Rivoluzione Settembrina e reclusa a Prades senza poter predicare attraversò il Mediterraneo per lanciarsi alla missione attraverso percorsi universali. Anche se la fondazione di Algeri non ebbe successo, fu il primo viaggio missionario fuori dall’Europa con i rischi e le sfide che ciò comportava.
Il Padre Xifré desiderava che i suoi missionari uscissero in nuovi campi di missione, quindi aveva pensato di fondare una comunità nelle Isole Canarie, in Portogallo o in Messico. Tuttavia, sorprendentemente, si presentò l’opportunità di andare nel continente africano. La Francia era recentemente riuscita ad occupare tutta l’Algeria e aveva intrapreso un forte compito di evangelizzazione all’unisono con la colonizzazione. Un sacerdote che lavorava in quelle terre era a Prades in cerca di risorse finanziarie.
Ospitato nel seminario di Prades, disse che c’era una grande presenza spagnola lì che non riceveva cure pastorali. I sacerdoti del seminario gl’ insinuarono l’esistenza della Congregazione spagnola rifugiata proprio a Prades. L’Abate Sabbatier si rivolse immediatamente al noviziato clarettiano e offrì questo campo di missione al P. Xifré, che accettò senza esitazione. Il 6 giugno, il vescovo della diocesi algerina scrisse al padre Xifré esprimendo il suo accordo e invitandolo a un colloquio e all’esplorazione personale.
Il 15 giugno 1869, il Padre Xifré partì per Algeri; lo stesso giorno il vescovo gli mandò una lettera in cui gli diceva che sarebbe partito per la Francia. Il Padre Xifré tornò immediatamente e si incontrarono a Parigi. Il 2 settembre, dall’Algeria, il vescovo lo informò che aveva tutto preparato per l’arrivo dei missionari. Il 4 ottobre 1869 partì la prima spedizione: P. Alibés come superiore, i PP. Quintana e Bech e il fratello Felipe Gómez, accompagnati dal Padre Xifré. Il giorno successivo si imbarcarono a Marsiglia e arrivarono l’8 ottobre alle dieci del mattino. Rimasero provvisoriamente nel seminario di Santa Eugenia. Il 19, il P. Xifré tornò a Prades e il 23 si trasferono nella casa in affitto, situata nel sobborgo di Cité-Bugeaud (a mezz’ora dal centro di Algeri). Il 26 ottobre si unirono i PP. Donato Berenguer e Sebastián Miquel. Il 31 ottobre, la missione spagnola iniziò nella Cattedrale con l’assistenza del vescovo.
L’impegno apostolico assunto era questo: una messa spagnola quotidiana in due chiese di Algeri e nella chiesa parrocchiale di Cité-Bugeaud, oltre alla predicazione nelle messe domenicali. Le difficoltà e le umiliazioni erano molteplici, in primo luogo l’ora molto precoce in cui dovevano recarsi in città per celebrare le Messe: dovevano soffrire il rigido inverno, le piogge e i forti calori. Inoltre, il cattivo trattamento e il disprezzo dei sacrestani, chierichetti e donne delle chiese. Molti pazienti sono morti senza l’aiuto cristiano perché non sono stati informati in tempo. I parroci non li hanno chiamati a predicare e non potevano andare senza permesso. Per tre anni passarono queste difficoltà riducendoli ad una inazione apostolica. Brossosa aveva riunito un gran numero di bambini e giovani per la catechesi, ma dovettero abbandonare questa attività a causa dell’opposizione del parroco e delle Suore della Carità che non erano d’accordo. Il rifiuto dei parroci e dei vicari era noto e in crescita. C’era un prete che diceva che per svolgere funzioni in spagnolo dove erano i francesi era alzare un altare contro un altro altare. Padre Brossosa ha descritto questa situazione come una “storia piena di disgusti”.
Nel gennaio del 1872 si iniziò a ricevere il pagamento del Governo di Madrid e non di quello francese. Il 2 luglio si trasferirono nella città di Algeri e il 3 novembre iniziarono ad amministrare i sacramenti nella cappella che aprirono nel seminterrato della casa. Fino al 1875 si continuava a celebrare Messe nelle altre Chiese, ma furono interrotte perché continuavano il disprezzo e le umiliazioni. Liberi dall’impegno nelle altre chiese, il culto nelle nostre poteva essere migliorato e i missionari furono in grado di dedicarsi alle missioni popolari (circa 107-109). Difficoltà e preoccupazioni sono continuate. In un’occasione l’arcivescovo scomunicò i PP. Alibés e Brossosa per essere arrivati in ritardo alla sessione di apertura del Sinodo diocesano, ma subito dopo tolse la scomunica. Il 2 aprile 1876, divorato dallo zelo, morì padre Sebastián Miquel. Il Procuratore della Repubblica francese di Algeri, sposato con una donna spagnola, divenne un protettore dei missionari. Riuscì a superare la resistenza del sindaco e del console spagnolo per affittare una nuova residenza per i missionari.
Il 1° luglio 1875, il sussidio statale spagnolo fu abolito e i missionari furono a spese dell’ingiusto trattamento delle parrocchie. Il Padre Xifré presentò richiesta presso il Ministero dello Stato e ottenne il ripristino della sovvenzione, ma senza la necessaria stabilità. Il 4 gennaio 1882, il Ministero di Stato rispose a un reclamo economico del P. Xifré dicendo che non aveva nulla a che fare con i missionari. La terza casa in cui vivevano i missionari iniziò a crollare e dovettero trasferirsi in un’altra. Don Adriano Rotano, Vice Console, ottenne un prestito bancario che poteva essere pagato con il pagamento mensile dato dal governo spagnolo per ricostruire e migliorare la casa; tuttavia, quando il Ministero chiese piani al Console Generale, egli rispose negativamente accusando i missionari e il vice-console di promuovere l’immigrazione spagnola e causare conflitti internazionali. Il vice console fu licenziato dalla sua carica.
Alle difficoltà economiche si aggiunse questa accusa e la mancanza di sostegno del governo spagnolo, senza contare sulla già nota opposizione francese, sia dei parroci che dei fedeli. Data la sfiducia e l’opposizione dei francesi e la scarsa protezione spagnola, il P. Xifré decise di chiudere la fondazione. Il 27 luglio 1888 scrisse al Ministero informandolo che stava chiudendo la fondazione. Sia il Ministero che il Vescovo si lamentarono di ciò che era accaduto e si offrirono per regolare la situazione, ma la decisione era già stata presa. Ci vollero circa trent’anni per trovare una soluzione, quando l’avevano così a portata di mano e non ne approfittavano in quel momento.