DIO SARÀ IL MIO RIPOSO
Claret manifesta qui il suo profondo cristocentrismo, che deve essere il nucleo vitale nella vita di ogni discepolo del Signore. Non è che non apprezzi nel modo dovuto le realtà di questa vita, realtà miste, fatte di difficoltà e di consolazioni (che tutte Dio permette!), se non che ha chiara la meta verso la quale siamo in cammino e che da’ significato a quanto facciamo: l’incontro con il Signore. Il grande missionario aveva parlato e scritto molto sul cielo; come non poteva lui non tenere la vista fissa a questa gloriosa meta! Dall’altra parte, considerando la propria vocazione, percepisce che i suoi servizi ecclesiali sono praticamente ultimati.
Ma, anche in questo, Claret non tiene conto solo del «profitto» o vantaggio (gloria, misericordia…) che possa ricevere per la sua vita consegnata, ma la pura e semplice contemplazione del suo Amato Gesù Cristo. Ci ricorda quei versi anonimi del secolo XVI, che qualcuno attribuisce a santa Teresa di Gesù: «Non mi spinge, mio Dio, ad amarti / il cielo che mi hai promesso, / e non mi spinge l’inferno tanto temuto / ad impedirmi di offenderti. / Tu mi spingi, Signore; mi spinge vederti / inchiodato a una croce e schernito / mi spinge la vista del tuo corpo tanto piagato; / mi spingono i tuoi patimenti e la tua morte. / Mi spinge, infine, il tuo amore, e in questo modo, / anche se non ci fosse il cielo, ti amerei, / e anche se non ci fosse l’inferno, ti temerei. / Non mi devi nulla perché io ti ami, / poiché anche se non dovessi attendermi ciò che mi attendo, / ti amerei tanto quanto ti amo».
È veramente Cristo il centro della mia vita, o ho piuttosto interessi terreni, che sono forse meschini? Anche se sono coinvolto con le realtà con le quali mi tocca vivere, vivo nella speranza della gloria e dell’abbraccio definitivo ed eterno con Dio?