19 Ottobre

Ott 19, 2018 | Claret con te

«Le dico francamente che sono già stanco di otto anni di persecuzioni per questo benedetto Escorial. D. Dionisio, in ogni lettera, mi dice che è noioso, che non può più sopportare tanto peso. Che cosa faccio io? Alcune volte ho pensato se non sarebbe meglio suggerire e consigliare Sua Maestà che consegni l’Escorial ai francescani o ai Benedettini, o ai Gesuiti, ecc.»
Lettera a D. Paladio Curríus, 27 luglio 1867, in EC II, p. 1.183

SAPER GIUDICARE NEL DOLORE

Il monastero di El Escorial era stato vittima di diverse esclaustrazioni durante la prima metà del secolo XIX. Dopo l’espulsione dei monaci erano seguiti saccheggi e rapine. Isabella II lamentava la decadenza del culto della basilica, così anche l’abbandono in cui si trovavano le zone dell’edificio occupate in altri tempi dalla comunità monastica e dalle attività che aveva (seminario e collegio).
Approfittando di un momento di relativa bonaccia politica (governo dei «moderati»), la Regina incaricò il P. Claret di ridare vita a quella meraviglia architettonica. Fu nominato Presidente di El Escorial il giorno 5 agosto 1859. Iniziò subito a stabilire lì diverse istituzioni, occupandosi dell’intenzione di fondazione e delle necessità dell’epoca. In ottobre iniziò già il suo funzionamento, ben organizzato, una Corporazione di Cappellani che diede dignità al culto della basilica. Nel 1860 aprì un seminario superdiocesano con un livello intellettuale e spirituale insolito in quell’epoca; e nel 1851 fondò un collegio di insegnamento superiore; finalmente nel 1866 iniziò il suo cammino il collegio universitario.
Elementi antimonarchici e antiecclesiastici erano nemici di tutto quello che andava sorgendo a El Escorial. Claret venne accusato in parlamento di essere andato oltre nell’uso di beni e fondi, e che il collegio non osservava le leggi vigenti, ecc. Lo zelo di alcune autorità ecclesiastiche lo fecero anche soffrire molto. E, all’interno, non fu facile per un gruppo di sacerdoti secolari vivere una vita quasi monastica, per la quale non avevano né vocazione né formazione.
Claret, molto abituato a subire persecuzioni e ad affrontare difficoltà, sente che la sua resistenza aveva anche un limite. Ma non si occupa da solo di svolgere l’incarico, ma si consulta con il suo confessore, D. Paladio Currius; e non vuole rimanere sulla strada: pensa a possibili soluzioni perché non si trascuri il bene che già si sta facendo. Nonostante la stanchezza, Claret esercita la prudenza e cerca una soluzione positiva.

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