AMORE NELLA SOFFERENZA
Siccome il messaggio evangelico è incisivo e ha la capacità di scuotere le coscienze, sino a essere fastidioso per persone o gruppi che vivono felici nell’errore, è normale che generi opposizione, anche violenta. Per questo le persecuzioni non sono una novità nel cristianesimo; vedendo la sua storia si ha l’impressione che siano inevitabili per chi desidera vivere il Vangelo con radicalità, come autentico testimone dello stesso. Le persecuzioni possono rivestire il carattere di attacco fisico, anche in forma di attentati (sembra che contro il Claret se ne conoscono almeno quattordici), altre volte rivestono forme più sottili: privazione della fama, della pace … sino ai diritti più basilari, arrivando «a rendere la vita impossibile» a qualcuno.
La risposta cristiana non è la mera registrazione passiva, ma il coraggio e l’integrità, nella certezza che, con la sofferenza, si seguono in modo più visibile le orme di Gesù e che, la non-violenza è l’unica arma capace di offrire un modello diverso, veramente costruttivo e umanizzante, che non termina con la propensione alla vendetta. A volte il frutto positivo tarda a rendersi palpabile, poiché cresce lentamente.
Disgraziatamente, sia nel mondo delle religioni come nella società civile, la storia ha fallito in questo tirocinio. Il cristianesimo, seguace di un innocente perseguitato e assassinato, è chiamato a offrire all’umanità questa scelta alternativa. La forma più nobile per sopportare la sofferenza è senza dubbio quella della compassione cristiana e della misericordia per chi la provoca; la persona viene onorata e può riuscire, come il perseguitato Gesù, a offrire al Padre il suo essere trasformato. «Nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23.46) è stata l’ultima e forse la più bella preghiera personale di Gesù perseguitato al Padre accogliente.
Sei minacciato e depolarizzato da persecuzioni o sgambetti che incontri nella tua vita quotidiana? Saprai rispondere con compassione e carità?