ALIMENTO CHE CONFORTA
La realtà del mangiare la Carne di Cristo e di bere il suo Sangue si presenta ogni volta più ispirata e dinamica per la nostra spiritualità. Partiamo dal fatto che la ripetizione della santa Cena, con i suoi diversi riti, non è una semplice commemorazione di quello che ha fatto Gesù con i suoi discepoli. È un pranzo o una cena, che, dietro la sua necessaria carica di simbolismo -pane e vino-, suscita una presenza speciale di Cristo Risorto, anche con la sua carica di realismo. È quello che, in definitiva, esprimiamo nella sua realtà di sacramento, segno o simbolo, per eccellenza.
Il segno diventa efficace quando ci avviciniamo alla comunione con la fame di saziarci totalmente di Cristo, l’alimento che ci nutre e abilita per tutte le buone opere. Dobbiamo assumere la realtà di ciò che significa Cristo nella nostra vita, riprodurre i suoi atteggiamenti di essere per gli altri. La corretta disposizione personale si manifesta nell’atteggiamento generoso di uscire da se stessi, con senso di offerta, di disponibilità per essere al servizio di chi ha più bisogna della nostra presenza confortatrice. Fortificarmi con il corpo di Cristo, che sazia questa fame, offrendo il mio proprio essere per gli altri, è la migliore ipercaloria del sacramento come cibo. La fame che Cristo entri in noi deve corrispondere al nostro atteggiamento di uscire da noi stessi e dirigersi verso gli altri, specialmente quelli senza alcun appoggio, bisognosi di essere confortati.
Cristo è l’alimento che ci sostiene nel cammino della vita, in mezzo ai nostri problemi di ogni giorno, rotta per la realizzazione delle nostre più importanti aspirazioni di realizzazione umana, possibili solo con il calore della fraternità.
Che cosa manca alla mia vita perché l’Eucaristia sia espressione della mia fraternità senza riserve verso tutti i fratelli?