19 Luglio

Lug 19, 2018 | Claret con te

«Il mio cuore si riempie di tristezza, quando considero che in questo episcopato di Vic ci sono tanti sacerdoti che non hanno niente da fare e in quest’isola tante necessità […]. Vado da solo come un disperato, predicando e confessando giorno e notte, e nonostante ciò le persone a volte devono aspettare nove giorni interi prima di poterlo fare».
Lettera al Vescovo di Vic, 27 settembre 1848, in EC I, p. 280

COME UN DISPERATO

Claret scrive questa lettera dalle Canarie, dove lavorò apostolicamente per quasi un anno e mezzo, ma lasciando un’impronta che ancora oggi si percepisce.
Già da vari anni ci stiamo lamentando della diminuzione delle vocazioni sacerdotali e religiose, e anche di laici veramente impegnati nell’annuncio del Vangelo e nel servizio alla comunità cristiana. Questo fatto è causato da ragioni complesse, come il numero ridotto di figli, la secolarizzazione della società, ecc. Senza dimenticare che la vocazione è un dono di Dio e non un semplice frutto dello sforzo umano, né dipende da un’eloquente testimonianza cristiana. Quante volte genitori credenti e responsabili hanno dato il miglior esempio ai loro figli, o forse con un indebito complesso di colpa, al vedere che questi non seguono le loro orme. A volte si semina e non si vede il frutto, perché viene più tardi, o semplicemente non viene; ma, certamente, se vogliamo frutti, dobbiamo seminare.
Un’altra domanda molto importante è quella a cui allude Claret in questa lettera: chi è stato chiamato alla vita sacerdotale o religiosa, o nella misura in cui lo può fare il suo impegno secolare, sta dando il meglio di se stesso? Guardando la storia -sempre maestra di vita- vediamo che, molte volte è bastato un solo cristiano, per ottenere un influsso efficace, e, duraturo, non soltanto per la gente del suo tempo, ma anche dopo la sua morte, e lungo i secoli. Basti pensare a san Francesco d’Assisi, o a quelli più vicini a noi i beati Charles de Foucauld e Teresa di Calcutta…; e tanti sacerdoti, religiosi e laici, dei quali non hanno parlato i mezzi di comunicazione, ma che hanno lasciato un’impronta profonda nella vita e nel cuore di molte persone -cristiani o non cristiani-, che le hanno conosciute.
Mi dono realmente agli altri, secondo la mia vocazione e le mie possibilità?
O forse mi tiro indietro per tiepidezza spirituale, comodità o egoismo?

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