IL MISSIONARIO È PAZIENTE
James Hudson Taylor disse: «Ci sono tre requisiti per i missionari: Pazienza, pazienza e pazienza». Nel giocare questa carta, Claret dovette sentirsi umiliato e ferito dall’atteggiamento di alcuni parrocchiani. Era andato nella sua città pieno di entusiasmo per lavorare perché Dio fosse lì più conosciuto, amato e servito, e si trovò con tale opposizione che arrivò a pensare di chiedere un’altra parrocchia.
Egli dice: «la prudenza mi chiede di rimanere tranquillo». Probabilmente fu la cosa migliore che ha potuto fare in quella situazione per evitare mali maggiori. Claret aveva la sufficiente pazienza per tenere sotto controllo il suo disgusto e frustrazione. La pazienza è una qualità fondamentale in un missionario, il futuro lo obbligherà ad esercitarla di continuo.
Nelle nostre missioni abbiamo l’esperienza che la gente non arriva con puntualità, che non sempre coopera con il missionario, e a volte agisce contro di lui. Ma egli deve avere comprensione e tolleranza, per non allontanare i fedeli. La pazienza è frutto dell’umiltà e dell’esperienza della reale presenza di Gesù in noi. Dopo tutto, un testimone di Gesù non è mai solo: porta Cristo con sé, anche perché non sta realizzando un capriccio personale, ma la stessa missione di Cristo.
Quando un apostolo -sacerdote o secolare- prende coscienza che il Signore lo ha scelto perché partecipi alla sua missione, si sente automaticamente umile, portatore di un dono che lo supera. La missione che compie richiede la presenza, di Cristo in lui; e l’esperienza del rifiuto può essere positiva, perché si vede maggiormente identificato con Gesù. Portando con sé «il morire di Gesù» (2Cor 4,10), la pazienza gli permetterà di vivere con eleganza queste situazioni avverse.