TENEREZZA E COMPASSIONE
La tenerezza e la compassione sono sentimenti molto nobili ed evangelici, perché manifestano che il dolore altrui ci riguarda e ci spinge a cercare da parte nostra tutto quello che possiamo fare per eliminarlo o, almeno, per alleviarlo. Ci spinge anche a lottare contro le sue cause. E ci riguarda perché sentiamo che l’altro, in qualche modo, fa’ parte di noi, è nostro fratello.
Non c’è dubbio che la misericordia fu uno dei sentimenti che segnò la vita di Gesù. Diverse volte, nei sinottici, si dice che Gesù sentì compassione e misericordia davanti al dolore altrui, soprattutto davanti al dolore della maggioranza dei semplici che l’accompagnavano: «Egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati» (Mt 14,14). Si dice che sentì compassione di un lebbroso (cf Mc 1,41), di due ciechi (cf Mt 20,24), di coloro che non avevano nulla da mangiare (cf Mc 8,2; Mt 15,31), di coloro che erano come pecore senza pastore (cf Mc 6,34; Mt 9,36), della vedova di Nain, il cui figlio veniva portato alla tomba (cf Lc 7,13). E almeno in quattro racconti di miracoli, Gesù guarisce dopo la richiesta «abbi misericordia di me» (Mt 20,29-30 e par.; 15,22).
Claret, poi, fu in questo, come in altre cose, fedele discepolo di Gesù. Dalla sua biografia conosciamo molti gesti di compassione. Dalle grandi imprese di promozione umana, come la fattoria-scuola di Camagüey, a Cuba, che costruì con le sue risorse personali (non con i fondi della Diocesi), fino a vendere una croce pettorale per pagare un viaggio a un povero, continuando, come era sua consuetudine, a visitare e a predicare ai malati negli ospedali , ai prigionieri, ecc. Quando andò in esilio, nel cassetto della sua tavola si scoprì che aveva i suoi pochi risparmi distribuiti in tre borsette, ciascuna con il suo nome; quello di una di queste era «per i poveri».
E io?, sento compassione davanti alla necessità degli altri?