9 Dicembre

Dic 9, 2018 | Claret con te

«[Un Figlio del Cuore di Maria] Nulla lo fa indietreggiare; gode nelle privazioni; affronta le fatiche; abbraccia i sacrifici; si compiace nelle calunnie e gioisce nei tormenti»
Aut 494

FORTEZZA DEL MISSIONARIO

Sembra che il P. Claret ci delinei un profilo del missionario o del «Figlio del Cuore Immacolato di Maria» assai poco attraente, almeno per la sensibilità di oggi. Sembrerebbe che debba continuamente far fronte a situazioni negative, che suppongono molto sforzo, privazione, lavoro, sacrificio, calunnie, tormenti… E, se questo fosse ancora poco, il P. Claret vuole che tutto si affronti con gioia. Non suona come un masochismo?
Certamente, c’è in questo molto di autobiografico: il P. Claret dovette far fronte a situazioni molto difficili e dolorose: persecuzioni, calunnie. diffamazioni, attentati, ecc. Da questo punto di vista, tutto questo non si comprende, se non penetriamo nella motivazione di fondo, che è quella dell’autentico significato di questi sacrifici.
Un cristiano non cerca la sofferenza in se stessa, ma se ne fa carico come conseguenza di una consegna amorosa, senza riserve. La sofferenza non salva, ma l’amore; sant’Agostino diceva che «al martire non interessa tanto la pena ma la causa». Chi ama molto, è disposto a sopportare tutto per la persona amata. Così si esprime il Claret nel capitolo dell’Autobiografia dedicato all’amore come la virtù più necessaria al missionario: «Oh prossimo mio! […] io ti amo […] e come prova dell’amore che ti porto accetterò e soffrirò per te tutte le pene e le sofferenze, fino alla morte se è necessario» (Aut 448).
Quello che lascia Claret molto tranquillo è che la vita del missionario e del testimone è qualunque cosa, meno la noia o l’abitudinario far niente, perché è orientata a cause grandi e appassionanti.
Fino a dove è disposto ad arrivare il nostro amore per Dio e per il prossimo?

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