AUTENTICA SUCCESSIONE APOSTOLICA
La mitra a Claret gli arrivò di rimbalzo, avevano cercato di nominare un altro ma non accettò. E gli arrivò anche fuori tempo, poiché aveva appena finito di fondare la Congregazione dei Missionari, e poco prima la Libreria Religiosa, e entrambe avevano bisogno di lui perché guidasse i loro primi passi. Per questo tardò due mesi prima di accettare; finalmente lo fece per obbedienza ad alcune parole tassative del suo vescovo: «Lei si opporrà alla volontà di Dio, se la sua risposta sarà negativa, per questo motivo […] le comando di accettare» (Epistolario Passivo I, p. 75).
Duranti i mesi di discernimento, molti compresero le obiezioni di Claret, la principale di queste era la sua vocazione missionaria; all’inizio, egli pensava che gli deviasse il cammino, e dovettero faticare per persuaderlo. In una curiosa lettera anonima, che alcuni considerano apocrifa, del settembre 1849, in cui si dice: «Lei crede che Cuba è un vescovado, e, invece, non è niente più che una missione; per questo invialo lì un missionario. Lei poi si rassegni, a lasciare il suo berretto, che dice essere molto carino; poiché già lei sa’perfettamente che non è tanto stretta una mitra che non possa muoversi sulla testa di un santo» (Epistolario Passivo I, p. 73).
Claret sapeva che un vescovo è prima di tutto un successore degli apostoli, che furono seguaci e imitatori di Gesù e poi grandi missionari. E così lui volle organizzarsi. Prima di tutto si procurò un gruppo di sacerdoti e laici, 13 persone in tutto, con i quali vivere una certa vita di comunità e condividere l’azione evangelizzatrice. Non trascurò i doveri amministrativi e di governo ma pose l’accento sulla predicazione, sulla catechesi, sull’attenzione diretta a quei fedeli, senza pastore da quattordici anni. Soltanto in sei, egli fece quattro visite «missionarie» a quell’immensa diocesi (oggi divisa in cinque).
L’inventiva di Claret seppe recuperare il significato originario dell’episcopato, ridare vita a qualcosa che lui vedeva come anchilosato e invecchiato. Sappiamo noi innovare le strutture ecclesiali, attualizzarle, perché siano autentiche piattaforme di evangelizzazione?