CHE IL SALE NON DIVENTI INSIPIDO
Nessuno che abbia compiuto un cammino nella vita cristiana metterà in dubbio la necessità del ministero ordinato per la comunità dei fedeli che la compongono. Il sacerdote è la figura chiave per il cammino spirituale di ogni comunità. Il Concilio Vaticano II ha aiutato, senza dubbio, a declericarizzare l’immagine della Chiesa e ad approfondire la vocazione laicale.
In questa visione del Claret si apprezzano anche elementi che anche oggi non hanno perso la loro attualità. Soprattutto, spicca la necessità di un impegno vocazionale assoluto e convinto in coloro che sono stati chiamati al ministero ordinato. È necessario che i sacerdoti siano uomini di Dio a servizio del popolo e possano animare in ogni comunità la comunione, la crescita nella sequela di Gesù, la celebrazione della fede e della vita e il servizio sia dentro sia fuori del cerchio dei fratelli.
Quando questo servizio sacerdotale svanisce, viene fortemente colpita la vita della comunità ecclesiale. È certo che se la nostra fede è matura, non dipende dal sacerdote; ma è anche vero, che per molte persone della società la figura dei sacerdoti-missionari è un riferimento al mistero di Dio. Questa espressione del testo iniziale che è un’esclamazione di desiderio («quante anime si convertirebbero!») fa’ riferimento all’immenso compito di dare testimonianza e di evitare lo scandalo. Questa missione assume particolare rilevanza in quest’epoca in cui la Chiesa ha perso credibilità a causa di deplorevoli debolezze di alcuni dei suoi ministri e della diffusione, non poche volte ingiusta e sproporzionata, che di questo hanno fatto i mezzi di comunicazione.
In che misura appoggiamo il compito dei sacerdoti che ci seguono?
Siamo per loro motivo di coraggio o causa di sfiducia?
Ci interessiamo per l’incremento delle vocazioni sacerdotali e consacrate?