L’ AUTENTICITÀ DELL’AMORE
Nel Nuovo Testamento si distinguono diversi tipi di amore: di amicizia, di consegna, di passione cieca…; soprattutto si distingue l’autentico dal non autentico: «Figlioli miei, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità» (1Gv 3,18), e si stabilisce un’equivalenza pratica tra l’amore a Dio e al fratello, o per dire meglio, questo si intende come la dimostrazione di quel: «Se qualcuno dice di amare Dio, ma odia suo fratello, è un bugiardo» (1Gv 4,20). E lo stesso scritto insegna che questo amore al fratello deve rendersi visibile: «Se uno ha ricchezze di questo mondo e vedendo suo fratello in necessità gli chiude il proprio cuore, come rimane in lui l’amore di Dio?» (1Gv 3,17).
Esiste un amore di cui, in un certo senso, l’uomo è «vittima»: lo può la passione, è travolto. Ed esiste un amore «governato», a cui il soggetto che ama da’ forma. Questo è più autentico; e non è «freddo», ma anche irrazionale o incontrollabile. Claret confessa più volte che l’amore a Dio, suo padre, lo brucia intensamente, ma è un fuoco che dà vita: lo spinge a lavorare senza tregua perché il Padre sia amato, conosciuto e servito. È amore che brucia il cuore e spinge ad organizzare la vita.
All’immaginario missionario Teofilo, Claret parla della propria esperienza. La vita di Claret è stata di un lavoro senza tregua per far sì che le persone conoscessero il Padre e vivessero secondo il suo progetto e volontà. Ma questo compito faticoso è stato visto da alcuni come un attacco ai loro interessi, opposti a quelli del Regno di Dio. Da qui la persecuzione, e la conseguente sofferenza: «fare e soffrire». Quando Claret dava missioni in Catalogna, venne considerato politicamente pericoloso, e a volte ha dovuto rinchiudersi o fuggire. A Cuba la situazione fu più pericolosa: cercarono di togliergli la vita. Ma egli reagì dicendo che l’avrebbe data con gioia, perché la causa lo meritava.