CUORE MULTIDIMENSIONALE
Claret parla del suo cuore «polivalente»: un cuore obbediente e sponsale verso Dio, severo con se stesso e benevolo e compassionevole verso il prossimo. egli non diventò il centro del suo cuore, ma mise Dio e il prossimo. questo mi ricorda una povera madre che vidi, mentre aspettavo il treno, che fece cuocere in una pentola di terracotta il poco riso che aveva e lo divise tra sua marito e il suo bambino mentre lei si accontentava dell’acqua.
L’amore sacrificale è l’unico che può dare solidità a una vita, se non ci fossero nel mondo madri che si sacrificano, il mondo non potrebbe sostenersi. Claret, il missionario, ebbe il cuore amorevole di una madre, possibile riflesso della madre Chiesa. Ogni essere umano ha fin dalla nascita la capacità di tenerezza e compassione materne, ma queste molto frequentemente non si sviluppano.
Un cuore materno è sempre aperto, ma quando l’io si colloca al centro della scena, uno si chiude in se stesso mentre diventa allo stesso tempo aggressivo con gli altri. Il culto dell’io è stato la radice principale dell’odio, della violenza e delle tante guerre nel mondo. Se fossimo capaci di sviluppare la nostra capacità di tenerezza e di compassione verso gli altri come lo ha fatto il Claret, ci sarebbe più pace, più giustizia e uguaglianza nel mondo. Tutti dobbiamo sapere che ci è stato dato un cuore per parlare con esso a Dio e al prossimo. Avere Dio al centro del cuore è cruciale per sperimentare il suo amore. Essendo pieno e addolcito dall’amore divino sarà come uno capace di guardare l’altro con amorosa compassione. È una grazia che dobbiamo chiedere costantemente, così come Claret desiderò il dono dell’amore e lo ricevette come una grazia (Aut 447).
La beata Teresa di Calcutta una volta disse: «quello che conta non è quello che si fa ma quanto amore poniamo in quello che facciamo». Sì l’amore non bagna le nostre attività, che differenza abbiamo con il resto del mondo?