24 Maggio

Mag 24, 2018 | Claret con te

«Gesù Cristo chiese all’eterno Padre perdono per coloro che lo avevano crocifisso. E ci ha insegnato come dobbiamo perdonare e amare i nostri nemici».
L’orologio della passione, in EE, p. 199

AMPIEZZA DI CUORE

Non è facile perdonare chi ci ha offeso; la tendenza alla vendetta o al rancore sembra innata. Ma Gesù passò offrendo perdono gratuito e dalla croce chiese perdono per i suoi crocifissori. Il suo cuore era molto grande: visse la sua consegna di perdonare ai nemici (cf Mt 5,44). L’amore ai nemici era per Lui il cammino dell’essere figlio di Dio, di «mostrasi» al Padre. Nella preghiera insegnata ai suoi discepoli presenta la nostra opzione per il perdono a chi ci ha offeso come segno della nostra accoglienza del perdono del Padre (cf Mt 6,14; 18,35), e solo chi ha perdonato può presentare a Dio un’offerta gradita (cf Mt 5,24). La pratica del perdono è possibile soltanto per chi si sente lui stesso perdonato. Chi ha sperimentato la gratuità la diffonde (cf Lc 7,47).
Il P. Claret visse fino in fondo l’esempio del suo Maestro nel perdono dei suoi persecutori. Perdonò di tutto cuore al suo aggressore di Holguín (Cuba, 1856; cf Aut 583 e 747). Duranti i suoi anni di intenso apostolato a Madrid, subì ogni genere di calunnie, maldicenze, sarcasmi, e anche diversi attentati; perdonò a tutti raccomandandoli a Dio e amandoli di cuore (Aut 628).
Ogni persona umana porta dentro di se il senso di colpa. Non possiamo fuggire dall’esperienza del rimorso, e, per la salute mentale, abbiamo bisogno che qualcuno ci permetta di assaporare il perdono. A partire da questa esperienza arriviamo a gustare il perdono di Dio. Il Signore ci manifesta il suo amore attraverso il suo perdono senza giudicare; ai peccatori del Vangelo mai ha chiesto una confessione umiliante (cf Gv 8,11). Mettersi sotto l’azione vivificante di Gesù inizia con l’accettare la sua compassione, il suo perdono generoso. E Lui ci insegna a dare la vita per gli altri con questa stessa generosità.
Sento la necessità del perdono?
Celebro il sacramento della riconciliazione come esperienza vivificante?
Ho l’agilità nel dare vita ad altri «ignorando» le mancanze?

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