FUOCO DIVINO
Nella predicazione pubblica di Gesù e nella «educazione speciale» per chi lo seguiva più da vicino (cf Gv cap. 13-16), l’amore al prossimo è il tema ricorrente. Ricorda più volte il comandamento principale della legge antica: «amare Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima […] e il prossimo come se stesso» (Mc 12,30-31), e dichiara che il distintivo dei suoi discepoli consisterà nell’amare fino ad arrivare a dare la vita per l’altro. (cf Gv 15,12-13).
Quando il P. Claret chiede con grande desiderio questo amore, sta dimostrando che già lo possiede, ma che desidera che sia di più. Un’immagine che in modo speciale piaceva al Claret fu quella della fucina. Ormai non esistono più in Occidente fonderie artigianali come quelle che egli conobbe, ma non per questo l’immagine non ci risulta comprensibile. Il ferro, in se stesso freddo e duro, messo nel fuoco, diventa morbido e duttile, e, per questo bruciante come il fuoco stesso; non lo si può toccare. Quando raggiunge questo stato quasi liquido, gli si può dare la forma che si vuole; e questo lo fa il fabbro con martellate saggiamente dirette.
Nella Bibbia è molto conosciuta l’immagine del vasaio (cf Gv 18,1-7), che da’ alla creta la forma che desidera. «Io voglio essere, Signore amato, come la creta nelle mani del vasaio…», dice un cantico religioso molto conosciuto in Spagna; esprimere un nobile desiderio: che Dio ci dia la forma che lui vuole.
Secondo Claret, siamo come il ferro, e abbiamo bisogno che il fuoco dell’amore ci arroventi perché Gesù ci modelli. E la forma che siamo chiamati a prendere è semplicemente la sua: la nostra vocazione non è altro che la configurazione piena con il Figlio per essere figli come Lui. Condividendo il suo progetto, i suoi sentimenti, e, quando Dio vorrà, il suo essere glorioso.