L’ AMORE È GRATUITO E COMPRENSIVO
Racconta con molto umore il gesuita indiano Antonio de Mello che, quando chiesero a un giovane che cosa di lui piaceva di più alla sua fidanzata, rispose: «dice che sono alto, bello, sveglio e che ballo molto bene». E, poi, gli chiesero che cosa a lui piaceva di più di lei, e la risposta fu quasi la stessa: «che dice che sono alto, bello, svelto e che ballo molto bene». Questo giovane non amava, non usciva da se stesso.
I Vangeli usano spesso il concetto di gratuità, sia con questa o con altre parole. Il Padre fa’ piovere sui buoni e sui cattivi, senza fissarsi su che cosa meritino gli uni o gli altri. Gesù sceglie come discepoli persone molto limitate, che non se lo meritano. Già l’antico Israele si sentiva oggetto dell’amore gratuito di Yahvé: «Ti ho scelto per puro amore, non perché fossi…» (Deuteronomio 7,8).
L’amore, se non è gratuito, non è amore, ma rapporto commerciale: «dare per avere». Il famoso inno alla carità insegna apertamente che l’amore «non cerca il proprio interesse» (1Cor 13,5). Amare è cercare e difendere l’altro, cercare il suo bene senza seconde intenzioni.
Quando guardiamo la vita di Claret, ci richiama l’attenzione il suo amore disinteressato alla gente. Negli anni trascorsi in Catalogna, il suo impegno apostolico gli procurava persecuzioni, ma a lui interessava di più fare il bene che difendere la sua vita. Degli abitanti delle Canarie, che «gli avevano rubato il cuore», come ricompensa si portò alcuni strappi nella sottana. A Cuba si sacrificò per i poveri, gli schiavi, gli emarginati, i prigionieri, i sacerdoti retribuiti miseramente, ecc.; come ricompensa si portò in Spagna una bella cicatrice sulla mandibola e sul braccio. E chiese la grazia per l’aggressore.
Provo compassione di fronte alla sofferenza del fratello povero ed emarginato?
Come mi comporto con le persone «difficili», poco gradevoli, o ingrate?